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Ti è mai capitato di ricevere una richiesta apparentemente semplice che si rivela un vero incubo di complessità? Un classico scenario di gestione di progetti complessi.

Un’azienda cliente con cui collaboriamo da diversi anni ci ha chiesto di aiutarli a validare e prioritizzare una serie di requisiti funzionali per migliorare l’esperienza utente del loro e-commerce. Sulla carta sembrava facile…

La complessità che paralizza i progetti

I requisiti sono stati individuati grazie a numerose ricerche fatte con gli utenti, nel pieno rispetto dei migliori approcci di User Experience Design basati sul Design Thinking.

Quando ci si trova davanti a progetti di forte complessità, la lista dei requisiti risultava molto corposa – parliamo di circa 20 requisiti funzionali e grafici – e riguardava momenti diversi del processo di acquisto del cliente. Si spaziava da requisiti più strategici (dare al cliente la possibilità di personalizzare il servizio da acquistare) a requisiti più pratici (quali strumenti di pagamento il cliente può scegliere).

Ne risultava un quadro molto complesso da valutare e complicato dal fatto che ciascun requisito generava problematiche di tipo tecnologico diverse con molteplici sistemi impattati e tempi di implementazione potenzialmente lunghi.

Una gestione efficace dei requisiti di progetto è fondamentale per il successo di qualsiasi iniziativa complessa, poiché i processi mal definiti sono tra le cause principali di fallimenti progettuali.

A completare una situazione già molto articolata, numerosi stakeholder interni, appartenenti a diverse funzioni aziendali con interessi non sempre coincidenti tra di loro, volevano giustamente essere parte del processo decisionale e potere dire la loro su quali requisiti implementare e su come implementarli.

Ecco il quadro che avevamo davanti:

  • 20 requisiti per migliorare l’esperienza d’acquisto online da validare e prioritizzare
  • 40+ stakeholder interni desiderosi di dire la propria
  • 10+ sistemi tecnologici impattati
  • Tempi e budget chiaramente limitati

Come potremmo aiutare il cliente a gestire questa complessità progettuale, validando e prioritizzando i requisiti considerando gli input degli stakeholder interni e i vincoli tecnici?

Come affrontare questa sfida apparentemente impossibile?

Ho già approfondito le strategie per diventare un vero “Stakeholder Whisperer“, ma in questo caso specifico la soluzione è stata ancora più diretta.

La soluzione: workshop aziendali collaborativi

La risposta è stata molto semplice: Workshop!!!

D’accordo con il cliente abbiamo scelto di affrontare la sfida progettando e svolgendo 2 workshop aziendali distinti. Un primo workshop per validare e prioritizzare i requisiti dal punto di vista del cliente e del business e un secondo workshop per affrontare e chiarire i vincoli di carattere tecnologico.

Ho già parlato dei workshop e di come utilizzarli per trarre il massimo dai progetti. Qui voglio solo sottolineare come il workshop aziendale rappresenta in questa situazione lo strumento più efficace per assicurare l’allineamento di tutti gli stakeholder e per arrivare ad una conclusione del progetto condivisa.

Il workshop, mettendo insieme tutti coloro che hanno un interesse nel progetto, fa sì che tutte le voci e pareri anche contrastanti possano emergere per poi definire una sintesi che accolga le istanze giudicate più meritevoli da parte del team di lavoro. Questo approccio di facilitazione di workshop è particolarmente efficace nella gestione di progetti complessi.

Vediamo quindi meglio come abbiamo svolto questi due workshop aziendali.

Workshop 1 – Validazione e prioritizzazione

La struttura che funziona

Per rendere la conversazione fluida e facilitare la partecipazione di tutti, ho scelto un approccio quanto più possibile collaborativo e coinvolgente.

Data la complessità e il numero di partecipanti, il team di facilitazione era composto da 3 persone con ruoli diversi per gestire efficacemente tutti gli stakeholder coinvolti. Il numero di facilitatori varia sempre in base alla dimensione del gruppo per garantire che nessuna voce venga persa.

La sessione è stata aperta con un giro di presentazioni reso più giocoso dall’utilizzo di una pallina da tennis.

La conversazione è stata guidata da delle schede appositamente create con il supporto del nostro referente presso il cliente che riassumevano le principali caratteristiche delle feature oggetto di discussione. Le schede fungono da riferimento visivo comune, assicurando un punto di partenza condiviso per la conversazione.

L’utilizzo di strumenti visuali è fondamentale per facilitare la collaborazione e rendere comprensibili concetti complessi nei workshop aziendali.

Le schede sono state appese ai muri della sala del workshop e la loro versione digitale è stata resa disponibile su una online white board per facilitare la partecipazione da parte delle persone collegate in remoto. Data la mole di materiale le schede sono state inviate preventivamente ai partecipanti al workshop come pre-work, così da dare la possibilità a tutti di familiarizzare con i contenuti.

La dinamica dei team contrapposti

I partecipanti sono stati quindi divisi in due team a cui, come Facilitatrice, avevo assegnato un task specifico:

  • Team 1: avvocato dell’angelo – i membri dovevano indicare su un post-it almeno 3 ragioni favorevoli allo sviluppo della feature;
  • Team 2: avvocato del diavolo – I membri dovevano invece individuare su un post-it almeno 3 ragioni per cui la feature non fosse meritevole di andare avanti.

I post-it sono stati successivamente appesi al muro nell’area di lavoro della relativa feature. Solo dopo che tutti i partecipanti hanno scritto i loro post-it, applicando così la tecnica della collaborazione silenziosa, è stata avviata la discussione sulla feature.

Durante la discussione le persone hanno potuto presentare quanto scritto sui post-it. Per ogni feature sono stati determinati gli impatti a livello di business e quelli a livello di cliente. Il team ha votato se implementarla o meno e se sì, sempre il team stesso ha attribuito la sua priorità di implementazione.

Una matrice di priorità e una matrice degli impatti hanno consentito di sintetizzare le decisioni.

Tutte le feature sono state così discusse una di seguito all’altra fino al completamento della lista, alternando la composizione dei team così da dare a tutti la possibilità di esprimere sia pareri positivi sia pareri negativi.

Il workshop ha prodotto 3 principali output:

  1. Valutazione dell’impatto lato business delle diverse feature
  2. Prioritizzazione business-utente delle feature
  3. Definizione dei requisiti di maggiore dettaglio

 

Workshop 2 – Validazione Tecnica

La preparazione tecnica

In preparazione di questo workshop, le feature individuate sono state condivise con i reparti IT & Digital per potere svolgere un’analisi di fattibilità tecnica e potere evidenziare le eventuali problematiche. Per sintetizzare abbiamo anche chiesto di attribuire a ciascuna feature un livello di impatto tecnologico così da poterle confrontare tra di loro e potere avere un quadro completo della situazione.

Anche per questo workshop, sono state create delle schede riassuntive di ciascuna feature per supportare la conversazione. Per agevolare la conversazione abbiamo raggruppato le feature che avevano aspetti tecnici comuni e come facilitatrice ho guidato la conversazione per assicurarmi che tutte le persone in sala avessero la possibilità di portare i propri punti sul tavolo.

La lunga giornata è stata intervallata da alcuni facili esercizi (energizer) per mantenere alto il livello di attenzione delle persone e i loro livelli energetici.

Il workshop ha prodotto 2 principali output:

  1. Validazione degli impatti tecnologici delle feature
  2. Individuazione delle feature da implementare nel MVP e quelle da abbandonare o implementare nel post-MVP

 

Tempi rispettati e team soddisfatto

Per chiudere questo progetto, che si è articolato in due workshop che costruivano sul lavoro di ricerca fatto in precedenza, la timeline è stata la seguente: primo workshop, poi 45 giorni di pausa per consentire ai tecnici di analizzare i risultati e preparare il secondo workshop, e infine consegna del report finale una settimana dopo il workshop tecnico.

I workshop non solo hanno prodotto l’output desiderato nei tempi pianificati ma hanno avuto grande riscontro da parte di tutti i partecipanti che hanno apprezzato la possibilità di contribuire e le modalità con cui la conversazione si è svolta.

Le tecniche che hanno fatto la differenza

Come facilitatrice ho identificato diversi elementi che ho inserito nei workshop e che hanno contribuito al loro successo con i partecipanti:

  1. Utilizzo di schede che in maniera semplice riassumevano le principali caratteristiche delle funzionalità oggetto di discussione. Le schede, infatti, hanno ridotto pagine e pagine di ricerca in una visione unificata e condivisa delle feature da discutere. Tutti i partecipanti hanno avuto accesso alla stessa tipologia e quantità di informazione creando parità di condizioni per tutti.
  2. Utilizzo di post-it e della collaborazione silenziosa.Scrivere individualmente i post-it con le proprie idee prima di avviare la conversazione assicura che possa emergere il pensiero di tutti e non solo di coloro che alzano di più la voce. L’appendere il post-it al muro rafforza il messaggio di valorizzazione delle idee di tutti e fornisce (come per le schede) un appiglio visuale che favorisce la riflessione e lo sviluppo di nuove idee.
  3. La divisione in team,progettati per esprimere idee contrastanti, ha consentito di cablare nel flusso della conversazione opinioni non positive o minoritarie senza timore di risultare chiusi e di apparire come i classici “Signor No”. Questa tecnica si è rivelata particolarmente efficace per gestire le resistenze al cambiamento: anche i partecipanti più scettici si sono sentiti legittimati ad esprimere dubbi in modo costruttivo, trasformando potenziali conflitti in dialogo produttivo. Ha consentito alla conversazione di svolgersi in maniera costruttiva senza la necessità di far valere le proprie opinioni in maniera aggressiva. Ha consentito a tutti di capire punti di vista diversi dal proprio (quelli dei colleghi appartenenti ad altre funzioni/reparti) e di far emergere in maniera molto naturale la migliore soluzione.

Conclusioni: quando la complessità diventa opportunità

Questo caso dimostra una verità che incontro spesso nel mio lavoro: progetti che sembrano impossibili da gestire diventano straordinarie opportunità di allineamento e crescita quando affrontati con gli strumenti giusti.

I workshop non sono state solo “riunioni ben organizzate”. Sono stati il catalizzatore che ha trasformato il caos in chiarezza, gli scontri in collaborazione, e la paralisi in azione concreta.

Questo approccio si è dimostrato efficace in settori diversi: dal retail al manufacturing, dal tech alle utilities. La metodologia di facilitazione di workshop aziendali si adatta perché affronta un problema universale: come far collaborare persone con competenze, interessi e linguaggi diversi verso un obiettivo comune nella gestione di progetti complessi.

La prossima volta che ti trovi davanti a un progetto con troppi attori, troppe variabili e troppi interessi in gioco, ricorda: la risposta non è cercare di controllare tutto. È creare lo spazio giusto perché le soluzioni migliori possano emergere naturalmente.

Perché alla fine, dietro ogni progetto complesso ci sono sempre persone intelligenti. Serve solo il modo giusto per farle lavorare insieme.

Hai un progetto bloccato da troppi stakeholder con opinioni divergenti? Parliamo di come i workshop possono trasformare il caos in decisioni condivise e risultati concreti.


Vuoi saperne di più sul metodo dei workshop?  Dai un’occhiata ai video sul mio Canale YouTube!